I Disturbi del sonno durante l’epidemia da Coronavirus CoViD-19

Non soltanto negativi gli effetti dell’isolamento forzato. Una recente e ancora in corso indagine su 2300 persone presso il King’s College London ha evidenziato che circa 2 persone su tre dormono meglio durante questo periodo. Si tratta dell’ampia schiera degli studenti e dei lavoratori da casa, quest’ultima una platea, stimata in Italia, di oltre sei milioni di interessati. Il motivo è semplice: orari più elastici e riduzione dello stress di recarsi al lavoro con tutte le conseguenze connesse. Il problema per queste persone si presenterà al momento del ritorno alla “vita normale” con necessità di adeguarsi ai ritmi precedenti.
C’è tutta la quota degli insonni cronici, circa il 10-15% della popolazione, soprattutto anziani e donne dopo la menopausa, che non hanno subito alcuna influenza e hanno continuato a soffrire di insonnia senza alcuna variazione rispetto al periodo precedente.
Una nuova categoria di persone, che non hanno mai sofferto di disturbi del sonno in precedenza, in cui l’isolamento forzato ha indotto significative variazioni di abitudini e quindi il ridotto allineamento con l’orologio biologico interno che regola il ciclo sonno-veglia.

Melatonina. Innanzitutto, il non poter uscire e quindi esporsi alla luce solare, non solo ha comportato una riduzione di vitamina D, con tutte le conseguenze a livello osseo e non solo, ma nello specifico una produzione continua di melatonina, l’ormone del sonno. Questa sostanza segue un ciclo di produzione legato al ritmo luce-buio, con un picco massimo dopo le 24 e uno minimo qualche ora prima del risveglio. Questo andamento peggiorato ulteriormente dall’esposizione alla luce blu emessa da smartphone e tablet, che ha un effetto inibitorio sulla produzione della sostanza.

Ansia. La paura e le preoccupazioni per la salute propria e dei familiari, del lavoro precario e i dubbi sulla ripresa, sicuramente comportano uno stato di attivazione continua del sistema di attenzione e di vigilanza che non favorisce “lo spegnimento del cervello” al momento di andare a dormire e che comporta una superficializzazione del sonno con prevalenza delle fasi 1 e 2 e riduzione della fase 3 del sonno ad onde lente, che è quella che ci consente al risveglio di avere la sensazione di un sonno ristoratore.

Attività fisica. La mancanza di attività fisica durante il giorno o il semplice movimento per recarsi al lavoro o uscire fuori di casa è un altro fattore importante che riduce il carico di stanchezza, che è quella sensazione di fatica che sopraggiunge qualche ora prima di andare a letto e che predispone all’addormentamento.

Quindi i consigli, tenuto conto delle premesse e che valgono anche in condizioni di normalità, sono di esporsi quanto più possibile durante il giorno alla luce del sole, svolgere regolare attività fisica, preferibilmente all’aperto almeno un’ora al giorno. Nell’impossibilità di poterli attuare è consigliabile fare un po’ di cyclette e indossare occhiali ad emissione di luce chiara facilmente reperibili su internet.  Da evitare assolutamente i sonnellini pomeridiani, l’attività fisica intensa nelle ore che precedono l’addormentamento, farsi il bagno prima di andare a letto. È indicato spegnere computer, tablet e cellulari dopo le 21. Tagliarsi uno spazio nel pomeriggio e individuare nell’abitazione un luogo, non la stanza da letto, ovviamente, dove affrontare e riflettere su motivi di preoccupazioni quali la salute, propria e dei familiari, lavoro, difficoltà economiche, progetti lavorativi. Leggere prima di andare a letto qualche libro non emotivamente coinvolgente e soprattutto non a letto. Utilizzare la stanza da letto solo per dormire o fare sesso, come indicato dalle più importanti e diffuse linee guida internazionali.

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I disturbi del sonno interessano circa il 30% della popolazione e spesso non sono riportati al medico di famiglia e quindi non vengono diagnosticati e curati adeguatamente, con tutte le conseguenze che pertanto comportano.

Cosa sapere prima di una visita con l'esperto

In generale, prima della vista è necessario raccogliere un po’ di informazioni personali sulla propria storia sanitaria, recuperare esami o accertamenti eseguiti negli ultimi anni, relazioni cliniche o lettere di dimissioni di eventuali ricoveri

Actigrafia

L’actigrafia è una metodica di indagine non invasiva per lo studio del sonno, che utilizza un actigrafo, dalle dimensioni e forma di un orologio da polso, dotato di un accelerometro per la registrazione dei movimenti e in alcuni anche di sensori luminosi, acustici e termici.

Polisonnografia

 La polisonnografia (PSG) è l’esame standard per la diagnosi dei disturbi del sonno. Spesso si fa confusione tra la PSG e la Poligrafia cardio respiratoria (PCR). Quest’ultima è solo una parte della PSG e si utilizza in caso di sospetto apnee morfeiche di natura ostruttiva (OSA).