Terapia dell'insonnia

Prima di inziare qualsiasi terapia è importante far riferimento alle regole dell’igiene del sonno riportate nel paragrafo dell’insonnia e correggere eventuali comportamenti inadeguati

Nei giovani e negli adulti giovani il rispetto degli orari dell’addormentamento e del risveglio devono essere costanti. L’uso di smartphone, tablet  e computer dovrebbe essere limitato dopo un certo orario in quanto la luce blu emessa può inibire la produzione di melatonina, una sostanza che facilità il sonno. Se è proprio necessario è possibile usare degli occhiali schermati o diminuire l’intensità luminosa del display. 
Nelle persone anziane il consiglio più importante è quello di evitare sonnellini pomeridiani o serali davanti alla televisione. Il modo più semplice per non cedere alla sonnolenza post-prandiale è di uscire a fare una passeggiata oppure di esporsi alla luce del sole ma non oltre una certa ora nel pomeriggio.
A questo punto entriamo nell’argomento dei disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia e al loro trattamento con melatonina e luce terapia, altrimenti detta
CRONOTERAPIA.

In caso di FASE RITARDATA, di solito questo disturbo interessa i giovani, che ritardano sempre di più gli orari dell’addormentamento e  del risveglio, soprattutto durante il passaggio dall’ora solare a quella legale di primavera e che comporta stanchezza, astenia, difficoltà di concentrazione, disturbi di memoria, scarsa produttività, e la cui diagnosi va confermata con un esame actigrafico, l’esposizione alla luce (10000 lux per 30 minuti al di) andrebbe effettuata al mattino. Nel paragrafo insonnia, a secondo del cronotipo e dell’ora del risveglio,  sono riportati gli orari di esposizione. Invece la melatonina al dosaggio e formulazione opportuni, che indicherà l’esperto di medicina del sonno, andrebbe presa nel tardo pomeriggio. A proposito di melatonina è il caso di ricordare che non si tratta di un ipnotico ma è una sostanza naturale che viene prodotta a partire dalle prime ore dell’imbrunire e che raggiunge il picco durante le prime ore della notte e che, se posti nelle condizioni di dormire, favorisce l’addormentamento. Quindi andrebbe utilizzata soprattutto per l’appunto nel disturbo da fase ritardata e nella sindrome da cambiamento del fuso orario.

Nella FASE ANTICIPATA, che interessa perlopiù le persone anziane, cronotipo allodole e brevi dormitori, col passare degli anni la durata del sonno e la profondità del sonno si riducono sempre di più e anche  l’ora di andata a letto viene anticipata soprattutto in autunno e inverno.  Succede quindi che si va a letto verso le nove di sera e alle 3-4 del mattino si è gia svegli e non si riesce più a prendere sonno. Pertanto in questo caso non è giusto parlare di insonnia in quanto sostanzialmente la durata del sonno rientra in quella che è la media e non vi sono generalmente ripercussioni durante il giorno. Il problema è che si è costretti a letto a guardare il soffitto.  In queste circostanze bisognerebbe ritardare il più possibile la produzione di melatonina esponendosi alla luce terapia nel pomeriggio. In questo modo nell’arco di una settimana è possibile posticipare di 1-2 ore l’ora di addormentamento. La melatonina andrebbe presa verso le 24  circa o un’ora più tardi.

RITMO IRREGOLARE. La luce terapia andrebbe applicata anche nelle persone affette da deterioramento cognitivo,  sia quelle che vivono in casa che quelle che sono ospitate nelle case di riposo. In queste persone, in cui spesso coesiste anche la sindrome crepuscolare (agitazione, confusione, paure all’imbrunire) il ritmo circadiano sonno-veglia è completamente sovvertito. Al fine di evitare continui addormentamenti durante il giorno, oltre che sollecitati e coinvolti in programmi occupazionali, queste persone andrebbero esposte durante la prima parte del giorno alla luce terapia oltre che migliorata l’illuminazione ambientale.

TERAPIA FARMACOLOGICA. I farmaci non andrebbero presi per periodi prolungati e quindi non oltre le 8 settimane per le classiche benzodiazepine e 6 mesi per quelle nuove. L’uso di questi farmaci soprattutto nelle persone anziane espongono al rischio di cadute e quindi fratture, in primis quella del femore, traumi crani e alla colonna vertebrale, oltre  a problemi confusionali,  difficoltà della memoria, abitudine, assuefazione e dipendenza. Nel caso si decida di iniziare una terapia farmacologica andrebbero preferiti i farmaci ipnoinducenti specifici (zeta drug o non BZRA) che hanno una durata d’azione di 4-6 ore e non causano astenia e sonnolenza al risveglio. Se invece si decida per le classiche benzodiazepine (BDZ) andrebbero utilizzate per qualche settimana quelle a breve emivita (triazolam, brotizolam, etizolam, bromazepam) o ad azione intermedia intermedia (Alprazolam, Lorazepam, Oxazepam). Sicuramente da evitare quelle ad emivita lunga (clonazepam, diazepam, delorazepam, flurazepam) o quelle ad alto rischio di assuefazione (Lormetazepam). Entrambe queste classi di farmaci agiscono aumentando la durata della fase N3 del sonno.La disassuefazione da benzodiazepine in teoria è fattibile, ma nella pratica molto difficile. In questo caso si può passare alla formulazione in gocce e ridurre progressivamente, eventualmente associata ad un antidepressivo con effetti sedativi e terapia non farmacologica, come per esempio l’agopuntura.   Dei nuovi farmaci per l’insonnia (Ramelteon, Suvorexant), molto costosi e attualmente non disponibili in Italia non è il caso di parlarne in questa sede, avendo delle indicazioni particolari individuabili a cura dell’esperto. 
Altri farmaci, off-label, che vengono utilizzati, in alternativa ai classici ipnoinducenti, ci sono gli antidepressivi ad azione sedativa e che sopprimono il sonno REM, utilizzati a bassi dosaggi (trazodone, Amitriptilina, Mirtazapina) e i neurolettici atipici  o antipsicotici di nuova generazione (quetiapina), questo viene utlizzato soprattutto nelle persone anziane con disturbo del sonno associato ad  alterazioni cognitive e disturbi comportamentali. L’unico antidepressivo approvato dalla FDA e la doxepina, ma non è in commercio in Italia.

TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE.  La terapia cognitivo comportamentale (TCC) è il trattamento più efficace e anche il  più duraturo, e soprattutto quello senza effetti collaterali, per la cura dell’insonnia. Tuttavia,  il  più difficile da attuare in  quanto sono pochi i medici e gli psicologi formati per questo tipo di trattamento.   La componente cognitiva della TCC ha come obiettivo quello di cambiare le convinzioni e le attitudini verso negative nei confronti del sonno. Queste disfunzioni cognitive possono essere rilevate attraverso la somministrazione di un questionario (DBAS). La TCC usa un metodo psicoterapeutico per ricostruire le linee cognitive con concetti positivi e appropriati circa le funzioni e gli effetti del sonno. Le disfunzioni cognitive più ferquenti nei confronti del sonno sono:  non riuscirò ma a dormire senza far uso di farmaci; ho uno squilibrio chimico; se non riesco a dormire, devo stare a letto e riposare; la mia vita è rovinata se non riesco a dormire.  La componente comportamentale comprende la terapia dedl controllo dello stimolo e la terapia di restrizione del sonno. A queste vanno aggiunte di solito l’igiene del sonno e non sempre la terapia di rilassamento o anche l’Intenzione paradossa, cioè sforzarsi mentalmente  di rimanere svegli ed evitare di fare qualsiasi sforzo per addormentarsi. 
Il BIOFEEDBACK potrebbe essere di utilità.
Libera Traduzione da: Sleep edicine pearls di R. Berry – Elseveir Saunders – 3rd ed 2015.

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